Archive for settembre, 2004


Il primo dei miei desideri è stato esaudito: la Fiera dell’Elettronica.
Malgrado diversi bidonari (vero Zar, Eka, Minerva, Pincio…?).
E così domenica io e Phemt ci siamo messi in viaggio, di primo mattino (eran le dieci e mezza) verso Gonzaga.
Che dire? Quattro o cinque ore a girare tra bancarelle tutte uguali, che vendevano tutte le stesse meraviglie, in un infinito paradiso di modernità e antichità (stupendi i transistor a valvola lunghi una spanna e non meno larghi, o i telefoni da film di Hitchcock, così come i case in plexiglass per PC, con neon fluorescenti multicolore…). Purtroppo gli articoli più interessanti (hard disk da 160 gb Maxtor a 80 euro, schede video di tutta la serie Ati Radeon 9600/9800 a prezzi imbattibili) erano già finiti sabato, ma rimaneva comunque un’infinità di squisitezze, dalla rantumaglia non testata e non garantita (pezzi da museo!) fino alle TV al plasma da 40 pollici con una riga bruciata…
Inutile dire che non ho saputo resistere, e mi sono comprato 50 DVD vergini della Verbatim a 0,60€ l’uno; una magnifica scheda PCI con sintonizzatore TV e radio, ingresso composito e S/Video e un magnifico telecomando; poi ancora un lettore DVD da salotto che legge anche DivX, XviD e ‘soquanti altri formati…
Ma la cosa più bella è stata il viaggio di ritorno. Sarà stata un’illusione ottica collettiva dovuta all’esaurimento psicofisico che ci aveva indotto la fiera, o una pura coincidenza, non lo so, fatto sta che Suzzara è un paese angosciante. Non dovevamo nemmeno passarci, ma poi abbiamo sbagliato strada, e così…
Intanto bisogna premettere che, nel reggiano, i cartelli stradali non sono sempre molto leggibili, così, seguendo un’indicazione che recitava ” A MA” ci siamo infilati in paese a Suzzara. Stradina strettissima tra due case, con il classico vecchietto in bici che se ne sta tranquillamente in mezzo alla carreggiata, fregandosene degli insulti che gli piovono da tutte le parti. Lo sorpasso a fatica, rischiando di sbattere contro il muro dalla parte opposta, e, imprecando, tiro avanti. Sorpasso un tizio in Ciao che non sembrava messo meglio del vecchietto di prima, e poi un altro ciclista. Phemt, che era di fianco a me, mi fa “ma scusa, ma questo non l’hai già sorpassato?”. Io guardo lo specchietto e trasalisco: stessa bicicletta, nera, vecchia, sgangherata; stessa giacca grigia della festa; stessa coppola grigia in testa; stessi occhiali da sole neri stile Venditti ma più scuri; stesse scarpe di pelle nere; e soprattutto stessa faccia piena di rughe. Boh? Sarà un caso? Macché! Superata una rotonda, chi ci viene incontro dall’altro lato della strada? Cavolo, ma è sempre lui? No! Non è ancora lui, è un altro vecchietto in bici, sempre sulla stessa bici, sempre vestito uguale, sempre con la stessa andatura! E poi, più avanti, ancora un altro, e poi un altro ancora!
O son tutti gemelli, o hanno poca fantasia, oppure a Suzzara si aggira un vecchietto assassino che corre più di Bartali – ma solo quando non lo devi sorpassare, perché a quel punto si piazza in mezzo e non si smuove più – e ha discrete pulsioni suicide…
Angoscia…

Prossimi viaggi da effettuare in un futuro ancora più prossimo (per la serie chi mi ama mi segua):
– Ricerca di fossili al Parco dello Stirone: consigliato abbigliamento pesante, un buon paio di stivali e magari un cambio d’abito. Ma divertimento assicurato, così come il pienone di conchiglie meravigliose ed enormi.
– Viaggio-shopping a Livigno: anche qui consigliato abbigliamento pesante, e controllate di non essere prossimi al limite d’utilizzo della carta di credito (in effetti è meglio usare il bancomat, ma controllate di avere soldi nel conto!). Zona extradoganale, non si pagano le tasse. Poi voglio vedere chi è quel cretino che dichiara alla dogana tutti gli acquisti . Ovvero come andare in capo al mondo per risparmiare 50€ sull’acquisto di un cellulare spendendone 150 tra viaggio e alloggio…
– Caccia alle castagne a Pracchiola, ridente località semi-abbandonata e molto pittoresca sull’appennino tosco-emiliano, a un paio d’ore di macchina da Parma, forse meno. Castagne bellissime a prezzi decisamente convenienti. E poi il bello è andarsele a raccogliere da soli. Consigliati guanti robusti, e, tanto per cambiare, abbigliamento pesante, meglio se a strati, per adeguarsi alla stagione.
[aggiornamento:]
– Fiera dell’elettronica, a Gonzaga, sabato e domenica: ovvero il paradiso. Si trova di tutto a prezzi veramente convenienti: dai videogiochi agli accessori per consolle, dalle componenti per PC agli articoli per radioamatori…
Siete avvertiti che continuerò a rompervi i coglioni finché tutte e tre le richieste non saranno esaudite.

Dovrò lavarmi la coscienza con la varachina, per aver trascurato per così tanto tempo il mio blog e tutti quelli che frequento regolarmente… Il problema è che sono in un periodo un tantino incasinato, e tutte le volte che mi avvicino ad un computer, finisco per dedicarmi a uno dei cinque progetti che dovrò portare ai rispettivi cinque professori che me li valuteranno, entro la fine del mese. Suicidio psicofisico.
Se non altro oggi sono riuscito a far sì che il mio client email (scritto in Perl) riuscisse a visualizzarmi una pagina html con tutti i trecentosettantadue messaggi di spam che mi sono arrivati nell’ultimo mese sull’account-spazzatura (chi non ha un account spazzatura!)…
Il fatto è che, avendo così poco tempo libero, non ho nemmeno tempo di pensare ad argomenti interessanti su cui scrivere. Non riesco nemmeno a leggere i giornali…
Spero di riuscire a respirare, un giorno o l’altro… so, see you soon!

Ho riflettuto su alcuni aspetti della dominazione che gli Stati Uniti esercitano su questo nostro pianeta, e ci sono tanti piccoli aspetti sui quali non mi ero mai soffermato, ma che sono forse altrettanto preoccupanti delle bombe taglia-margherite che quei simpaticoni si divertono a sganciare sulla popolazione inerme di mezzo mondo.
Avete mai pensato a tutti i messaggi subliminali che ci arrivano dal cinema a stelle e striscie? Il discorso è molto lungo e molto complesso, tuttavia voglio cercare di soffermarmi su quelli che ritengo i punti principali. Tralascerò, per esempio, argomenti triti e ritriti – seppure molto interessanti – sulle mode e sui canoni di bellezza, e sui problemi che ne derivano (droga, anoressia, ecc).
Il cinema americano, dal western in poi, per finire nel moderno film d’azione (stile Die hard, per capirci) ha sempre proposto modelli di vita molto stereotipati: il buono tutto d’un pezzo, il cattivo tutto d’un pezzo, il buono che tradisce, il cattivo che si redime, la prostituta che esce dal giro… Certo, le maschere sono un aspetto fondamentale di qualunque rappresentazione, sia essa teatrale o cinematografica, anche perché, psicologicamente, allo spettatore piace riconoscere i personaggi, o riconoscersi in essi, e ciò avviene più facilmente se i loro caratteri e le loro caratteristiche sono stereotipati.
Alle maschere del cinema, come a quelle del teatro classico, sono associati una serie di riti, di gestualità, di comportamenti tipici, che ce li fanno identificare e bollare come tali. Alcuni sono abbastanza innocenti, ma dietro ad altri si nascondono, a parer mio, dei messaggi subliminali a dir poco preoccupanti. Proviamo ad analizzarne alcuni:
Il cattivo: non vi preoccupate, non c’è via di mezzo. Il cattivo alla fine muore sempre. E peggiore è il modo in cui muore, meglio è. Che dire? Sarà forse che il pubblico è sempre assetato di sangue, sarà che i nostri istinti primordiali saltano sempre fuori a dirci che siamo animali anche noi. Ma una cosa è certa: la condanna a morte del cattivo è imprescindibile. Non si è mai visto un cattivo in galera (e non tiratemi fuori Hannibal Lecter, per favore, perché lì è una cosa funzionale alla narrazione). E quello che mi preoccupa è che anch’io, fermamente convinto che la pena di morte sia la più grande puttanata mai concepita dall’uomo, quando vedo il finale di un film in cui il cattivo esplode a bordo dell’elicottero sul quale stava scappando, avvolto dalle fiamme e urlante (come in Amici per la morte) mi sento in un certo qual modo gratificato ed appagato. Poi, se ci penso su, mi dico: “cavolo, ma non è giusto!”. Però sul momento ne godo. Altri esempi di quello che intendo si possono trovare nei finali dei vari: Codice Swordfish, Killing me softly, Minority report, Ronin, I tredici spettri, Il pianeta delle scimmie, solo per citare alcuni di quelli che si trovano nella mia piccola videoteca.
L’omosessuale: questa mi interessa da vicino, non ditemi però che faccio il vittimista. Moltissimi film hanno all’interno un personaggio omosessuale. Tuttavia l’omosessualità viene sempre trattata come qalcosa di ridicolo, quando non addirittura degradante: pensate alle varie “checche” che compaiono in film come Era mio padre (il banchiere), o altre marchette simili, sparse un po’ ovunque. Personaggi di cui si ride, e se uno ha un po’ di autoironia ci scherza su, purché non si vada troppo sul pesante, e la cosa finisce lì. Ma c’è di peggio. Perché, se ci fate caso, in un film d’azione il frocio è sempre il personaggio rinunciabile: se deve morire qualcuno, lui può morire tranquillamente senza cambiare il corso della storia, quasi come se, in fondo, se lo meritasse. E’ il caso del banchiere di Era mio padre, o del compagno di stanza del protagonista di Tentazioni mortali, o del rapitore e del suo amico trovato al motel, in The mexican. Anche quando si riesce ad avere simpatia per quel personaggio, si finisce sempre per dire: “meno male che non è toccata al protagonista: va bene così!”. Si noti che sto parlando di film d’azione, non di film dedicati al tema dell’omosessualità. Che un film di un regista come Almodovar non lo va a vedere un omofobo, mentre The mexican lo vede chiunque. E allora mi viene da pensare ancora alla filosofia americana, così legata allo schifoso perbenismo puritano stile Seventh Heaven. L’omosessualità è un crimine, e come tale deve essere punito con la morte. Lo dice anche la Bibbia [Levitico 20,13]: Se un uomo ha relazioni con un altro uomo, fa una cosa disgustosa e tutti e due devono essere messi a morte. Essi sono responsabili della loro morte. Più chiaro di così… E, a quanto pare, il cinema americano è fin troppo ortodosso.
Il pentimento: il pentimento non è mai completo fino alla morte del penitente. Un cattivo che si redime ha una sola possibilità per salvarsi: morire. Davvero, non scherzo. Anche in questo luogo comune del cinema si sentono forti tracce di puritanesimo: chi sbaglia deve pagare. E’ troppo facile dire “mi sono pentito”, ed è troppo facile anche condurre un’esistenza lacerata dal rimorso, in umiltà e giustizia: è troppo tardi. Hai sbagliato e devi morire. E’ il caso del padre (Mike) in Era mio padre, o di tantissimi altri personaggi. Purtroppo in questo momento ho davanti agli occhi alcune scene esemplari, ma non riesco a ricollegarle al film di appartenenza. Comunque anche per voi non sarà troppo difficile riconoscere lo stereotipo del cattivo pentito che sacrifica la propria vita per salvare il buono che fino a dieci secondi prima voleva vedere morto.
Il tradimento: vale lo stesso discorso del pentimento. Se tradisci, devi morire. E così tutti coloro che vengono meno ai patti, e che si comportano in modo sleale, possono ripagare solo con la morte il torto fatto. E’ il caso del figlio del boss in Era mio padre, o di quel personaggio di Matrix che vende tutta la nave a Smith in cambio di un ritorno nel programma, e un lavaggio della memoria. E anche qui gli esempi sarebbero infiniti.
Insomma, se sbagli, se il tuo comportamento si discosta dall’ordinario, dai giusti binari della vita puritana, caro mio, devi morire. A me non sembra giusto. Voi che ne pensate?

Oggi è l’11 settembre.
Oggi ricordiamo le vittime della strage delle torri gemelle, il più grande e più infame attacco terroristico mai portato a termine su questo pianeta. Si parla di tremila vittime, forse più. Probabilmente il numero esatto non si saprà mai.
Ma oggi ricordiamo anche un’altro atto di terrorismo che infangherà per sempre la storia dell’Occidente: il colpo di Stato in Cile ad opera di Augusto Pinochet, voluto e perpetrato dai governanti di quello stesso popolo che, trent’anni dopo, è stato colpito a sua volta, in modo tanto diverso, e tanto ugualmente ingiusto. L’omicidio del presidente Allende, eletto democraticamente, e a stragrande maggioranza, dal popolo Cileno, fu deciso dagli Americani per paura di quel comunismo che, con un fenomeno che non si è mai ripetuto in nessun altro paese del mondo, tanto bene stava portando al Cile: le terre incolte erano state ripartite tra i contadini, che avevano iniziato a farle fruttare; le fabbriche erano state statalizzate e i proventi erano distribuiti tra tutti i lavoratori in ugual modo. Se sentite parlare qualcuno che quegli anni li ha vissuti, li ricorderà come un periodo prospero e fiorente, di giustizia ed eguaglianza.
Ma poi… La dittatura di Pinochet ha portato a oltre trentamila morti, tantissimi desaparecidos, e un numero imprecisato (diverse decine di migliaia) di persone che sono state torturate, arrestate, violentate, massacrate, esiliate. Tutto perché qualcuno ha deciso che ai soldi e ai privilegi del capitalismo americano non si poteva rinunciare. Perché il Cile dovesse rappresentare una minaccia per gli Stati Uniti, poi, Dio solo lo sa. Ma è andata così. Trentamila morti innocenti, in nome di che cosa? In nome del capitalismo.
Mi viene il vomito.

Stasera mi sono visto Gothika. Hale Berry è stupenda, e recita veramente bene. Anche se in quel film riescono a imbruttirla parecchio.
Miranda Grey (Hale Berry) è una famosa psichiatra che lavora in un manicomio criminale, assieme al marito. Una paziente del manicomio sostiene di essere posseduta dagli spiriti, e tenta di dare una spiegazione molto soprannaturale al delitto che ha commesso. Ma Miranda non la ascolta: cerca piuttosto di capire, da psichiatra, quali siano le cause che l’hanno portata a compiere quel gesto, e come funzioni su quella paziente il meccanismo della rimozione, che la porta a vedere il soprannaturale nel fatto di sangue nel quale è stata coinvolta.
Ma una sera, nel tornare a casa, a Miranda succederà uno strano incidente, che la porterà improvvisamente a trovarsi dall’altra parte della grata del manicomio, dalla parte delle detenute. E allora…
Il film è realizzato in modo, a mio avviso, molto buono: l’azione non scade mai nello splatter, nel trash. Ci sono scene di violenza, ma non sono mai esagerate, e sono inserite nella narrazione in modo magistrale. Il filo della trama si dipana attraverso una serie di colpi di scena e di altri trucchi narrativi che calamitano l’attenzione dello spettatore dal primo all’ultimo istante. Forse un po’ troppo abbozzati i caratteri di alcuni personaggi (in particolare il collega psichiatra Pete Graham, lo sceriffo Ryan, e il padre di Rachel [no, non vi dico chi è! E non vi dico nemmeno chi è Rachel!]), che hanno un ruolo abbastanza importante, ma la cui caratterizzazione psicologica è quasi assente. Ma è l’unica pecca del film, che, per il resto, ho goduto abbastanza: un buon thriller. Meglio se guardato in una notte di temporale.

Il mio post precedente ha suscitato qualche domanda, alla quale rispondo con estremo piacere. Riporto le domande di TheZar, e le mie risposte.


1) in Italia sarebbe tecnicamente possibile installare quei tipi di generatori di energia? (Parlo dei mulini che hai visto) Pensavo ci volessero requisiti ambientali particolari.
La risposta è sì: in Italia sarebbe assolutamente possibile. Le zone di mare sono tutte soggette a forti brezze, che alimenterebbero quasi costantemente questi generatori. E anche le zone di collina (come i nostri pre-appennini, per esempio) sarebbero adattissime all’uopo. L’impatto ambientale è tutto dal punto di vista paesaggistico: qualcuno potrebbe obbiettare che una serie infinita di mulini a vento potrebbe rompere un po’ i nostri meravigliosi paesaggi; ma con i grattacieli e le altre schifezze che già costruiamo… Basta scegliere le zone con cognizione.


2) Tutti parlano dell’idrogeno. Ma è davvero così conveniente?
L’idrogeno è *perfetto* come combustibile perché la sua reazione di combustione è fortemente esotermica, produce una marea di energia, e inoltre gli scarti di produzione, in caso di combustione perfetta, sono nient’altro che anidride carbonica e acqua. Certo, forse aumenteremmo un po’ l’umidità ambientale, ma non credo poi nemmeno troppo. Il problema dell’idrogeno è che si tratta di una materia prima piuttosto dispendiosa da produrre (nell’elettrolisi si spende più energia di quella che poi si ottiene bruciandolo, e l’alternativa è quella di usare dei catalizzatori che sono molto più velenosi della benzina) e altamente infiammabile, quindi di difficile trasporto. Ma più che il problema della sicurezza, resta da risolvere il problema della produzione: trovare catalizzatori non velenosi e non troppo costosi.


3) E se tutti mettessimo sui nostri tetti dei pannelli solari? Quanta energia forniscono i pannelli solari?
Per quanto riguarda i pannelli solari, bisogna fare una distinzione. I “pannelli solari” veri e propri sono semplicemente delle strutture che contengono tubi per riscaldare l’acqua con l’energia solare. Se pensiamo a quanta energia elettrica, a quanto gas o gasolio sprechiamo ogni anno in riscaldamento, ci possiamo rendere conto di quanto possa essere utile una cosa del genere. Resta il problema dell’impiego durante l’inverno o in condizioni climatiche particolari, però sarebbero già un passo avanti considerevoli. I “pannelli solari” a cui invece probabilmente ti riferivi tu sono le cosiddette celle fotovoltaiche, che consentono, tramite un processo fotochimico, di produrre energia elettrica dalla luce solare. Il loro rendimento dipende da vari fattori, tra i quali la latitudine a cui ci si trova, le condizioni climatiche (cielo coperto, sereno, ecc) e l’estensione dei pannelli. Se però calcoliamo che in Svizzera quasi tutte le case hanno le celle fotovoltaiche sul tetto, e la Svizzera è più a nord di noi… Tra l’altro, là da loro la cosa funziona così: il contatore è un contatore a due vie. Di giorno l’energia che produci in eccesso tramite i pannelli fotovoltaici viene acquistata dal gestore della rete di distribuzione, e ti viene ovviamente detratta dalla bolletta; di notte, invece, sei tu a comprare energia dal gestore, e sulla bolletta queste voci finiscono in positivo. Il risultato è che poi dipende da te se ci guadagni o se spendi: dipende da quanto usi la luce, e quanti pannelli hai a disposizione. Ma pensate che si riuscirà mai a fare una cosa del genere in Italia, con il monopolio che abbiamo?


Purtroppo non possiedo dati tecnici precisi (che invece avevo nel caso del post precedente) con i quali argomentare le mie risposte (a parte, ovviamente, la prima), ma voglio compiere una ricerca su Internet.
A presto con gli aggiornamenti sulla situazione.

Leggendo un post del mio grandissimo amico TheZar, mi sono tornati in mente alcuni particolari del mio recente viaggio nell’Europa del Nord. In macchina, partendo da Parma, abbiamo raggiunto la Norvegia, attraversando Austria, Germania, Danimarca e Svezia.
Come tutti sanno, i paesaggi dell’Olanda sono ovunque segnati dai meravigliosi e caratteristici mulini a vento: strutture mediante le quali i contadini macinavano i cereali per produrre farina. [Caso vuole che proprio in questo momento il mio Winamp mi stia propinando Don Chiscotte di Guccini. Caso o destino?]
Un viaggio in uno qualunque dei paesi che ho citato prima, però, mostrerà che la pratica di costruire mulini a vento non è cessata. Anzi, con le moderne tecnologie, oggi l’energia meccanica del vento non viene più utilizzata per macinare cereali: le pianure del nord Europa sono costellate di alte torri bianche, di cemento, sovrastate da grandi eliche che mettono in funzione turbine elettriche che producono ciascuna qualcosa come 1,5 MW (MegaWatt). Una breve ricerca su Internet mi ha portato a trovare il sito di una delle principali industrie che producono turbine per mulini a vento elettrici: l’europea Vestas. Esistono in commercio, prodotti in serie, generatori in grado di produrre da 660 KW a 2,8 MW. L’ultimo modello, il più efficiente mai costruito finora, il Vestas V90, è in grado di produrre addirittura 3 MW.
Ora, se calcolate che un contratto per un utente domestico normalmente non supera il valore di 3,5 KWh, con uno solo di quei generatori si riuscirebbe a servire un paese di poco meno di 1000 case: i 3,5 KWh del contratto rappresentano infatti un valore di punta. Per farvi un esempio, se l’ENEL, in Italia, serve un paese di 1000 abitanti, non fornirà 3,5 MW, ma solo 3, o poco più, perché, secondo stime matematiche, è altamente improbabile che tutti gli utilizzatori succhino contemporaneamente dalla rete il massimo, e in questo modo si riescono a ridurre considerevolmente i costi.
Comunque, secondo i calcoli che abbiamo appena fatto, con uno solo di quei generatori di 3 MW si riuscirebbero soddisfare le esigenze di circa un migliaio di case. Mettiamo pure che si tratti di famiglie mononucleari, con pochi figli: tre-quattro persone per ciascun nucleo. Ciò significa qualcosa come tre/quattromila persone servite da un singolo mulino a vento.
Oltre i costi di produzione e di installazione (dei quali purtroppo non sono riuscito a comprendere l’entità), questi mulini a vento richiedono un certo costo di manutenzione, certamente. Ma nessun costo è legato al carburante, o alla materia prima dalla quale si ricava l’energia. Una centrale termoelettrica a carbone o a petrolio, per esempio, è in grado, nella migliore delle ipotesi, di trasformare un 30-35% dell’energia termica prodotta in energia elettrica. Questi mulini a vento trasformano dal 30 al 40% dell’energia cinetica del vento in energia elettrica. L’enorme differenza sta proprio nel costo dell’energia originale: l’energia termica del petrolio o del carbone ha costi elevatissimi, mentre l’energia meccanica del vento ha costo assolutamente nullo.
Germania, Svezia e Danimarca sono costellate di mulini a vento elettrici. Pensate a quanta energia pulita riescono a produrre.
Oggi sappiamo che con l’energia elettrica possiamo far andare qualunque cosa: dalle navi alle automobili, dai treni agli aerei. E, come abbiamo visto, l’uomo è anche riuscito a trovare il modo di produrre questa energia in modo pulito e a basso costo. Tuttavia la nostra economia mondiale è ancora interamente dominata dal petrolio: a causa del petrolio si combattono guerre, si uccidono persone, si inquina l’ambiente, si sterminano specie animali e vegetali…
La conversione delle fonti energetiche dal petrolio all’energia eolica, idrica, geotermica e quant’altro è il passo più importante verso la creazione di un mondo più equilibrato e meno dilaniato da guerre immonde. Anche perché, andando avanti così, rischiamo seriamente di arrivare del tutto impreparati all’appuntamento con la fine del petrolio, che dovrebbe giungere tra pochi decenni. E ai ritmi attuali, non facciamo che avvicinare questo momento. E, se ci coglierà davvero impreparati, quel momento sarà una catastrofe: tutti i prezzi si impenneranno improvvisamente, l’inflazione galopperà, e sarà la fame più nera. Il progresso tecnologico, senza energia nè fondi, si fermerà, e non potremo che regredire.
Vogliamo aspettare che questo catastrofico scenario si avveri, o preferiamo fare qualcosa prima?