Archive for settembre, 2005


Stamattina ho partorito l’idea di un post un po’ diverso dal solito: qualche consiglio per la lettura. Libri che ho letto di recente e che mi sono piaciuti, mi hanno entusiasmato, o che ho trovato interessanti. E così, eccomi qui, stasera, a scrivere.

Haruki Murakami - Tokio Blues Norwegian woodPartiamo con un libro che mi è stato regalato (grazie Minerva84 e Phemt). Si tratta di Tokio Blues – Norwegian Wood, di Haruki Murakami, edito da Feltrinelli (336 pagine, €7,50).
Cito dalla quarta di copertina:
Per le strade del centro di Tokyo, affollato crocevia di solitudine, Toru e Naoko, un ragazzo e una ragazza non ancora ventenni, camminano insieme in silenzio. Non sanno cosa dirsi, o forse hanno paura, parlando, di sfiorare il segreto che li tiene sospesi in mezzo alla folla: il ricordo di una sconvolgente tragedia che a poco più di sedici anni li ha legati per sempre.
Una struggente storia d’amore, ambientata nel clima inquieto del Sessantotto giapponese, tra lotte studentesche e passioni culturali e politiche. Scandito da una lunga serie di brani musicali, dai Beatles ai Doors, da Bill Evans a Miles Davis, disposti lungo il fluire dei ricordi come nostalgiche pietre miliari, il libro di Murakami è il racconto di un’adolescenza che già sfuma nel mito.

La forza del libro è innegabile. L’analisi psicologica dei personaggi è accuratissima senza essere pesante, e la narrazione è accattivante e, a tratti, commovente. Il racconto ti prende dalla prima pagina all’ultima, e svela parecchio della vita quotidiana del Giappone, delle sue tragedie personali e sociali, e dell’atmosfera che si respira in una grande città come Tokio, ma anche sulle montagne a pochi chilometri dalla capitale. Un tuffo indimenticabile nella cultura, nelle tradizioni, nelle usanze e nei modi di fare di un popolo che inizia ad affascinarmi sempre di più. Voto: 9.

Daniel Pennac - La Fata CarabinaIl secondo libro di cui vorrei parlare è La Fata Carabina, di Daniel Pennac, edito sempre da Feltrinelli (237 pagine, €7,00).
Si tratta, in realtà, del secondo di una serie di libri dedicati al personaggio di Benjamin Malausséne, di professione capro espiatorio, che si trova costantemente coinvolto in una serie di omicidi inspiegabili e raccapriccianti, dei quali è, ovviamente, sempre il principale indiziato.
Anche qui cito la quarta di copertina:
Intenta ad attraversare la strada con tutta la circospezione dovuta all’età avanzata, una vecchietta tremolante impugna improvvisamente una P38, prende la mira e fa secco un giovane commissario di polizia…
E’ proprio attorno ai vecchietti che gira questo nerissimo romanzo di Pennac: vecchietti uccisi a rasoiate, vecchietti a cui la sorellina di Benjamin, Thérèse, legge la mano reinventando loro ogni giorno un avvenire diverso, vecchietti vittime e vecchietti assassini.
Cosa sta succedendo nel mercato della droga parigino? Come mai gli anziani abitanti del quartiere Belleville sono diventati accaniti consumatori di stupefacenti? E perché se non li fa fuori la droga, vengono uccisi uno dopo l’altro con i sistemi più brutali?
A tutte queste domande risponderà ovviamente Benjamin, ritenuto come al solito, in un primo momento, il principale indiziato.
La scrittura di Pennac è stupefacente, al limite del surreale. Il suo libro è un abile misto tra noir e comico, non senza alcuni sprazzi decisamente splatter. Un mondo in cui le fate (le vecchie signore) trasformano gli uomini in fiori sparando loro in fronte e spargendo sangue e cervello in una corolla raccapricciante. Fin dal primo capitolo, forse il più geniale e surreale, brevissimo (tre pagine) ma molto intenso, Pennac conquista la nostra attenzione, e il libro vola via d’un fiato. Ottima anche la caratterizzazione dei personaggi, e la loro caricaturalità, che a volte sfocia nel grottesco, ma è un grottesco che diverte senza disturbare. Voto: 9.

Il terzo libro di cui vi parlerò stasera mi è anch’esso stato regalato (grazie Ekatherine), ed è uno dei più belli che mi sia capitato di leggere. Si tratta di Middlesex, di Jeffrey Eugenides, edito da Mondadori (602 pagine, €8,40).
Calliope Stephanides, rara specie di ermafrodito, ha vissuto i primi anni della sua vita come bambina, fino a quando l’arrivo della pubertà l’ha sottoposta a inevitabili trasformazioni. Responsabile della sua "eccentricità biologica" è un gene misterioso che attraversa come una colpa tre generazioni e che ora si manifesta dando inizio all’odissea di Callie: un viaggio che ci proietta nei sogni e nei segreti della famiglia Stephanides, tra furbi imprenditori e ciarlatani, sagge donne di casa e improbabili leader religiosi, in un alternarsi di nascite, matrimoni, scandali e segreti, che dalla Turchia ottomana si trasferisce nell’America del Proibizionismo e della guerra, dei conflitti razziali e della controcultura, del Vietnam e del Watergate. E’ un mito contemporaneo quello che Eugenides ci racconta, un romanzo di trasformazioni che affronta i temi più dibattuti dell’epoca moderna, da quello dell’identità a quello del tempo, in una sublime combinazione di elegia, avventura e analisi storico-sociale.
E’ uno dei libri che ho amato di più, affronta temi decisivi (l’identità sessuale, il tempo, gli scandali politici, l’integrazione razziale, il proibizionismo…) con un linguaggio pacato e sereno. La vicenda si dipana tra continui colpi di scena e fatti storici narrati con sapienti flashback e discorsi diretti, visti dagli occhi della protagonista, nella sua trasformazione da femmina a maschio. Bellissimo il punto in cui Calliope, ancora convinta di essere una femmina, si innamora perdutamente di un’amica, e bellissima è la descrizione della loro improbabile e contrastata storia d’amore: Eugenides mostra una sensibilità che lascia senza fiato. Voto: 10.

David Lodge - Dura, la vita dello scrittoreIl quarto libro è un libro che mi ha "ingannato". Si tratta di Dura, la vita dello scrittore, di David Lodge, edito da Bompiani (512 pagine, €18,00).
Mi ha ingannato nel senso che mi aspettavo un libro molto diverso. David Lodge, autore che stimo moltissimo, è stato per oltre 25 anni Professore Emerito di Letteratura Inglese all’università di Birmingham, poi, dal 1987, s’è dedicato all’attività di scrittore. L’ho conosciuto tempo fa per sue opere comiche molto belle (ovviamente si tratta di umorismo inglese): Il professore va al congresso, Ottimo lavoro, professore!È crollato il British Museum. E anche di questo mi aspettavo che fosse un libro comico. Invece si tratta di una biografia romanzata dello scrittore Henry James. Una biografia, direte voi, che schifo! Invece no. È un vero e proprio romanzo, e spesso ci si scorda che il personaggio di cui si parla sia reale ed effettivamente vissuto. Lo stile di Lodge è inimitabile, accattivante, e riesce a rendere molto piacevole anche un argomento del genere.
Riporto la quarta di copertina:
Nel 1915, mentre in Europa infuria la guerra, Henry James è sul letto di morte, attorniato da Edith Wharton, dal fedele maggiordomo Burgess, dalla segretaria, dalla cameriera e dalla cognata Alice James. Ormai obnubilato, riceve la notizia del conferimento del prestigioso Ordine di Merito, ma la sua furiosa reazione di fronte al diluvio di lettere di felicitazioni provenienti dall’empireo letterario lascia di stucco gli astanti.
Per comprendere l’astio dello scrittore nei confronti di quel riconoscimento tardivo, lo sguardo del narratore compie un balzo all’indietro, ripercorrendo la vita di un grande viaggiatore affascinato dall’immensità del mondo e dei labirinti della mente umana.
Supplendo con l’immaginazione ai vuoti dell’epistolario (dato alle fiamme dallo stesso James in un accesso d’ira contro il proprio passato), Lodge porta alla luce i lati nascosti della personalità dello scrittore, la genesi interiore delle sue opere, la sua grande passione irrealizzabile per Constance Fenimore Woolson. Il commovente ritratto di un artista "inattuale", uno "di quei fortunati" per dirla con Borges, "che possono fare a meno dell’approvazione della critica e anche, a volte, di quella dei lettori".
Nella vita di Henry James entra un po’ di tutto: viaggi, incontri, storie d’amore mancate, persino un’omosessualità latente che accompagna lo scrittore per tutta la sua vita, fino alla realizzazione finale: "E solo allora lui si rende conto, troppo tardi, che lei lo amava. Si rende conto che niente mai gli accadrà perché è incapace di amare". Un libro sull’amore e sulla sua mancanza, o meglio, sulla sua latenza, sulla sua negazione. Un libro su un uomo dalla personalità molto interessante, trattato da un autore altrettanto interessante. Un capolavoro. Voto: 9.

L’ultimo libro che proporrò alla vostra attenzione è un saggio su un argomento piuttosto insolito: si intitola L’estinzione dei tecnosauri, di Nicola Nosengo, pubblicato da Sironi Editore (288 pagine, €16,50 -10% di sconto).
Questo libro nasce dall’idea che si possa comprendere davvero il cambiamento tecnologico solo osservandone il lato meno illuminato: i suoi vicoli ciechi, le sue sconfitte. Tecnologie che avrebbero dovuto cambiare il mondo e sono rimaste confinate nei laboratori, prodotti che il mercato ha rifiutato, macchine che dopo essere state di uso quotidiano per decenni sono scomparse e oggi si trovano solo nei musei.
Dinosauri tecnologici, insomma: tecnosauri.
L’intento non è quello, facile quanto inutile, di dissacrare scienza e tecnica, facendosi beffe con il senno di poi di qualche sfortunato progettista o di un’indagine di mercato sbagliata; piuttosto, è quello di approfittare di questi fallimenti, che sono momenti di crisi di un sistema, per evidenziare i luoghi comuni su cui si basa la nostra percezione dell’innovazione tecnologica: è proprio quando un sistema va in crisi che ciò che appariva scontato può diventare, improvvisamente, falso.
Lo sapevate che il primo prototipo di videotelefono è del 1930? E che modelli commerciali sono stati lanciati sul mercato già a partire dagli anni ’60? Molto interessante è l’analisi di Nosengo, che ci porta a capire i motivi per i quali tale tecnologia, tanto pubblicizzata anche oggi, non ha mai preso veramente piede.
E questo è solo un esempio dei tanti "tecnosauri" che Nosengo analizza: si va dal fonografo di Edison al videoregistratore ad alta definizione Betamax, dalla posta pneumatica all’auto elettrica, dalle auto volanti all’LP in vinile, dall’audiocassetta al fax, dalle tastiere per macchine da scrivere alle varie forme di standard, che spesso non rappresentano l’evoluzione migliore di un oggetto, ma semplicemente quella più redditizia o, addirittura, quella più pubblicizzata, anche se palesemente peggiore di altre. Perché è questa la tesi finale di Nosengo: più della bontà del prodotto, conta l’abilità di chi quel prodotto dovrà pubblicizzare e commercializzare. Prodotti mediocri vincono spesso la gara con prodotti decisamente migliori, tagliandoli fuori dal mercato, "grazie" all’abilità di certe persone rispetto ad altre, o alla pigrizia di certi dirigenti che pensano di avere già vinto in partenza, e non fanno abbastanza per battere la concorrenza. Consigliato a chi voglia approfondire sia le psicologie di massa, sia la storia di molte invenzioni di uso comune. Voto: 8.

Da due giorni mi sto dando da fare col mixer, e sono diventato piuttosto bravino. I risultati sono abbastanza buoni, anche se continuo a preferire gli originali.
Eh sì, da quando mi hanno operato ai denti del giudizio, l’altro ieri, riesco a mangiare solo pappette fatte col tritatutto…
A parte la battuta pietosa, in questi giorni è successo un po’ di tutto. Ex ministri cacciati per incompetenza sono tornati magicamente al loro posto; presidenti della Banca d’Italia sono stati sfiduciati durante un viaggio ufficiale all’estero proprio da quel Presidente del Consiglio che s’era tanto incazzato per un avviso di garanzia recapitatogli a Napoli qualche anno fa, proprio in occasione del G8; la maggioranza si spacca in due sulla necessità di procedere anche a destra con le primarie; Bondi, in proposito, afferma di caldeggiare questa ipotesi, perché così Berlusconi riscuoterà senz’altro un consenso maggiore della somma di tutte le forze di centro-destra (e come farà, caro sig. Bondi? Sta dicendo che truccherete le schede elettorali?); il Presidente della Conferenza Episcopale Italiana, Cardinale Ruini, viene aspramente contestato da un gruppo di studenti in occasione di un incontro ufficiale a Siena: i ragazzi urlano slogan in favore dei diritti delle coppie di fatto e delle coppie omosessuali, e Sua Eminenza, con infinita flemma, definisce l’incidente una "piacevole interruzione". Personalmente mi viene da pensare che al Cardinal Ruini farebbe bene una bella scopata.

Sono appena stato bocciato in via definitiva dall’AVIS. Sospensione permanente da ogni donazione. No, non si tratta di una punizione, e non c’entra nulla con la mia sessualità (anche perché sono più di quattro anni che non ho rapporti, e non ho mai avuto rapporti a rischio…). Semplicemente quattro anni fa ho avuto un tumore, benigno, alla scapola. E, per legge, per tutelare il ricevente, chi ha avuto un certo tipo di patologie non può più donare.
Se la cosa mi fosse stata messa, effettivamente, in questi termini, mi sarebbe dispiaciuto abbastanza, perché comunque ci tenevo, ma me la sarei fatta passare alla svelta.
E, in effetti, la dottoressa che mi ha visitato, in un primo momento, è stata molto ferna ma molto gentile, e mi ha spiegato tutto per filo e per segno. Quando le ho detto, poi, con rassegnazione: "bene, non mi resta che rassegnare le dimissioni…" lei si è offerta di accompagnarmi. Siamo usciti in corridoio e, davanti a tutti, rivolta verso la segretaria, la dottoressa fa: "mi dispiace ma lui deve dimettersi".
Alla faccia della privacy, cazzo! E tutta la gente che era presente in quel momento (oltretutto qualcuno mi conosceva pure), cosa avrà pensato? Avevo voglia di girarmi e urlare "ebbene sì, sono un frocio di merda e mi faccio abitualmente sfondare il culo da cavalli Appaloosa in calore, senza preservativo, contenti?"
Visto che, però, la ragione della mia esclusione è da ricercarsi non nelle mie preferenze sessuali (delle quali la dottoressa non sapeva nulla), bensì in un tumore che mi ha segnato la vita (e la spalla) in modo piuttosto marcato, sarebbe stato auspicabile un minimo di delicatezza in più, no?
Tanto più che, quando tre mesi fa mi sono recato a fare il prelievo per gli esami, un’altra dottoressa, senza nemmeno visitarmi e senza nemmeno chiedermi il perché, dopo aver visto che da quattro anni non donavo più il sangue, sempre in corridoio davanti ha tutti mi aveva praticamente urlato: "e beh, e cosa ha aspettato a tornare a donare?"
Signori, a parte questo sfogo, che non sono riuscito a trattenere, io penso che donare il sangue sia una cosa stupenda e doverosa, un gesto necessario a salvare tantissime vite. Purtroppo ci possono essere diverse teste di cazzo a raccogliere le vostre donazioni: non fateci caso e sopportate. Gli idioti ci sono ovunque. Ma è molto più importante aiutare il prossimo che fare un paio di figure di merda.

Intanto che noialtri idioti ci perdiamo in inutili chiacchiere, c’è già chi ci sta preparando una festa coi fiocchi.
Probabilmente tutti avrete sentito parlare della riforma elettorale varata dall’attuale maggioranza. A prescindere dal fatto che una riforma elettorale varata a pochi mesi dalle elezioni puzzerebbe – già di suo – molto di paraculismo, non so quanti di voi si sono chiesti cosa succederebbe se tale riforma diventasse effettivamente una legge dello Stato Italiano.
Io l’ho fatto, e vorrei non averlo mai fatto, perché quello che ho visto non mi ha solo indignato, ma mi ha anche profondamente spaventato.
La fonte che cito è un articolo apparso su Repubblica.it, che potete leggere cliccando qui. A sua volta, l’articolo si rifà ad uno studio compiuto dell’Ipr Marketing, che ha calcolato i risultati della simulazione delle prossime elezioni, sulla base di un sondaggio compiuto il 13 settembre, quindi tre giorni fa.
Piccola introduzione: parliamo della riforma. Senza entrare nel dettagio – perché, in effetti, i dettagli ammetto di non conoscerli nemmeno io… stavo documentandomi, quando il suddetto articolo mi ha convinto a postare IMMEDIATAMENTE – la nuova riforma (che in realtà non fa che riportarci al sistema precedente a questo) pone uno sbarramento al 4% per poter accedere ai seggi e alla spartizione del premio di maggioranza. Il che significa, in pratica, che quei partiti che non superassero tale quota non avrebbero diritto a seggi in parlamento.
Poco male, direte voi: il quattro per cento è una percentuale molto bassa, e un partito che non la superi non è un partito davvero rappresentativo.
Bene, se la pensate così, provate ad andare avanti a leggere.
Lo studio di Ipr Marketing ha simulato ciò che succederebbe se le elezioni venissero fatte oggi. Copio e incollo alcuni frammenti del brano:
L’Unione alla Camera ottiene il 50 per cento dei voti popolari e solo 290 seggi: la Cdl si ferma al 45 per cento e si "appropria" di 333 seggi più 7 del premio di maggioranza: totale 340 sui 630 complessivi.
il risultato non lascia dubbi: se si votasse oggi con il sistema escogitato dal tavolo tecnico attorno a cui si siedono Roberto Calderoli e gli altri saggi della Cdl ci troveremmo di fronte ad una incredibile truffa elettorale. Ancora più clamorosa se si pensa che con la legge attuale l’Unione otterrebbe ben 363 seggi, mentre il centrodestra si fermerebbe a 263.
I ricercatori dell’Ipr Marketing spiegano infatti che nell’Unione solo Ds, 21 per cento, Margherita, 12 per cento, e Rifondazione, 5,5 per cento, supererebbero la soglia di sbarramento fissato al 4 per cento. Gli altri partiti starebbero sotto e non supererebbero la soglia che permette di ottenere seggi e partecipare alla ripartizione del premio di maggioranza. Secondo i ricercatori i Verdi sarebbero fermi al 3,5 per cento, lo Sdi più Bobo Craxi al 3 per cento, il Pdci al 2 per cento, Di Pietro all’1,5 per cento, l’Udeur all’1 per cento e la Sbarbati allo 0,5 per cento.
Voti che sommati arrivano alla bellezza dell’11 per cento, percentuale praticamente da buttare nel cestino grazie al giochetto dello "scorporo" pensato dalla Cdl. Un marchingegno che porterebbe l’Unione a quota 39 per cento, mentre la Cdl raggiungerebbe il 43 per cento. Verrebbe infatti "punita" come coalizione con la perdita di un 2 per cento, ovvero i voti ottenuti dal Nuovo Psi e dai Repubblicani di la Malfa. Sarebbero vincenti invece il 18,5 per cento di Forza Italia, il 12,5 per cento di An, il 6,5 per cento dell’Udc e il 5,5 per cento della Lega.

Riuscite ora a vedere dove sta l’imbroglio? Tale sistema riuscirebbe a togliere dall’unione un undici per cento dei voti. Il che significa mettere il bavaglio all’undici per cento degli elettori totali. Guarda caso, invece, la Casa delle Libertà perderebbe solo un due per cento dei voti.
Allora? Siamo ancora disposti a restarcene qui con le mani in mano?

La Venezia che non ti aspetti. Alla Mostra del Cinema, quest’anno, il Leone d’Oro è andato ad Ang Lee, che, con il suo film Brokeback Mountain, ha raccontato la storia d’amore omosessuale tra due cowboy, nell’America rurale tra gli anni Sessanta e Ottanta.
Non ho, purtroppo e ovviamente, avuto ancora occasione di vedere quel film, tuttavia me ne sono fatto un’idea abbastanza chiara. Conoscendo inoltre altri lavori del regista (da Hulk a La tigre e il dragone), non dubito che si tratti di un film che vale senz’altro la pena di essere visto.
Diverse polemiche sono sorte dopo l’annunciazione dei premiati: in molti hanno infatti difeso strenuamente il lavoro del favorito, George Clooney, e criticato il film di Lee. Una breve rassegna stampa ci porta a leggere pareri anche molto contrastanti tra loro.
Partiamo da gay.it, dove il film viene accolto in modo piuttosto caloroso. Interessante anche l’intervista ad Ang Lee, che svela i retroscena della storia e della realizzazione del film.
Si prosegue con film.it, dove l’autore dell’articolo non nasconde un certo bruciore di culo per la "sconfitta" di Clooney, e sputa veleno su gran parte delle decisioni della giuria.
Su corriere.it troviamo un articolo che, oltre ad elogiare il film, definisce il Leone d’Oro ad esso assegnato anche un premio "diplomatico": premiando un regista taiwanese che lavora ad Hollywood si riconoscono i meriti – sia a livello di idee, sia a livello di mercato – di entrambi i mondi, asiatico ed americano, senza così scontentare nessuno, con buona pace per Clooney (tra l’altro del suo film dicono tutti un gran bene, e onestamente, non avendo visto né quello né l’opera di Lee, non mi sento di giudicare personalmente).
Chiudo questa brevissima rassegna stampa con l’articolo comparso su lastampa.it. Qui un elogio al film di Lee, e nessun accenno a Clooney.
In generale, l’accoglienza verso il film mi è sembrata buona, e vale per esso il discorso già fatto per i cartelloni pubblicitari di Oliviero Toscani: se possono servire per favorire l’accettazione da parte dell’opinione pubblica, allora ce ne fossero di più, di queste iniziative!

Stamattina ho fatto parecchia fatica a svegliarmi (alle undici, ovviamente). Non ho fatto colazione ma mi sono vestito, ho guastato il letto e ho acceso il PC. Apro internet. La pagina iniziale di Splinder mi ricorda che sarà ora di scrivere qualcosina, visto che l’ultimo post risale all’otto settembre. Ma quanto tempo è passato? Che giorno è oggi, mi chiedo? Il mio orologio da polso mi saluta con un: "buongiorno cretino, svegliati! Oggi è l’undici!". L’undici settembre.
Centinaia di migliaia persone su centinaia di blog/siti/pagine staranno in questo momento scrivendo pezzi sulla commemorazione della strage del Pentagono e delle Twin Towers, oppure polemiche sulla guerra che ne è seguita e sulle conseguenze che essa ha portato.
Purtroppo ho la sensazione che unendomi a questo coro non farei altro che vomitare un altro po’ di banalità su questo mondo telematico. Inoltre, se è vero che esiste una giornata – oggi – per commemorare le vittime civili americane di un attacco terroristico, è altresì vero che non esiste – e non esisterà mai – un giorno per commemorare le vittime civili irachene o afghane di un atto terroristico non meno grave: l’occupazione militare. Ma, vedete?, anche questa mia frase è già di per sé una banalità. Quindi è meglio se la pianto.

E’ morto Sergio Endrigo. Probabilmente centinaia di blogger e di siti parleranno di lui come di un grandissimo artista scomparso, una stella della canzone italiana, ed assisteremo al solito carosello di sciacalli che si scatenano appena muore un "big".
Io vorrei cercare di evitare ogni tipo di ovvietà, ed esprimere solo quello che provo: nostalgia. Nostalgia per un periodo in cui non facevo che ascoltare un suo CD, a ripetizione, anche cinque o sei volte al giorno. Mi siedevo di fianco allo stereo, programmavo le canzoni che mi piacevano di più e le ascoltavo in continuazione.
Ho amato quel CD, con canzoni come Io che amo solo te, Viva Maddalena, Mani bucate, Teresa, Lontano dagli ochi, Canzone per te, Dove credi di andare, La casa, L’arca di Noè, Girotondo intorno al mondo, Mille lire… ognuna di queste canzoni porta con se ricordi indelebili della mia infanzia.
Sergio Endrigo, con la sua voce calda e un po’ arrochita dal tempo e dal fumo, l’avevo rivisto qualche mese fa in televisione, su Rai2, in una bellissima trasmissione TV in cui i cantanti italiani presentavano e commentavano l’opera di altri autori loro contemporanei. Mi era piaciuto molto, e – anche se era a tarda notte – ero stato alzato volentieri ad ascoltarlo.
Non scriverò frasi di circostanza, non sparerò stronzate inutili. Solo, mi dispiace che se ne sia andato, e ogni tanto tornerò a far girare ancora quel disco.

Ed eccomi qui, dopo un esame andato maluccio (ma sicuramente meglio di quanto mi aspettassi, data la preparazione veramente scarsa) e dopo i primi due giorni di "lavoro" come Volontario del Servizio Civile Nazionale, ovviamente presso l’Assistenza Volontaria che già mi conta tra le sue fila da tre anni.
È stata una settimana intensa, non c’è che dire, e probabilmente in futuro sarà sempre così, tra il lavoro, la tesi da scrivere e gli esami da passare.
Fortunatamente ho ancora il tempo per respirare, e quindi per guardarmi attorno. Vorrei partire con una notizia di cronaca, che ho avuto modo di sentire ieri al TG1 a ora di pranzo, e che mi ha fatto andare di traverso il boccone che stavo ingoiando. La notizia mi è stata poi segnalata anche dal buon TheZar, che ha anche riportato la pagina di Repubblica che ne parla approfonditamente (clicca qui per leggere).
A Milano un uomo si è recato presso il Reparto Trasfusioni e Immunologia dei Trapianti per effettuare una donazione di sangue, ma è stato respinto in quanto omosessuale.
Per giudicare questo episodio è necessaria un minimo di informazione riguardo alle varie leggi che si sono susseguite in merito alle donazioni di sangue.
Nel 1991, in piena emergenza AIDS (ricordate quante polemiche per il sangue non controllato che aveva infettato centinaia di pazienti?), l’allora ministro della Sanità De Lorenzo aveva firmato un decreto che vietava alle categorie a rischio – includendo in queste anche gli omosessuali – la donazione di sangue. Tale veto è stato rimosso nel 2000, dopo anni di proteste da parte della comunità gay, tuttavia l’AVIS ha mantenuto per diverso tempo, all’interno del questionario da compilare prima delle donazioni, la domanda riguardante rapporti omosessuali. Io ho iniziato a donare nel 2001, e non mi sono mai azzardato a barrare quella casella per una serie infinita di motivi. In primo luogo, all’epoca avevo diciott’anni e un rapporto stabile con un ragazzo, ed eravamo entrambi alla prima esperienza in assoluto: quindi, a rischio zero. Inoltre, all’epoca, non mi andava di far conoscere in giro le mie preferenze sessuali, anche perché all’AVIS di Collecchio la privacy è nulla: i medici hanno talmente tanto tatto da parlare ad alta voce in corridoio di come hai compilato la scheda. Ultimo ma non ultimo, non avevo nessuna intenzione di rinunciare a donare il sangue a causa della stupidità di qualcuno che, invece di valutare caso per caso, faceva di tutte l’erbe un fascio. Ora, però, respingere un omosessuale che vuole fare una donazione è un atto discriminatorio, un reato inammissibile. Non è possibile che si facciano tante campagne di sensibilizzazione per convincere la gente a donare il sangue, non è possibile urlare tanto all’emergenza e poi stroncare i volontari quando si presentano. Non è possibile creare delle "categorie" a rischio, ma bisogna valutare caso per caso. Già Veronesi si era accorto di questo, eliminando gli omosessuali dalle categorie a rischio. È invece doveroso ridefinire il concetto di "rapporti a rischio". Un rapporto omosessuale, di per sé, non è più o meno a rischio di un rapporto eterosessuale: il nocciolo del problema sta nel partner. Rapporti non protetti con un partner occasionale etero o omosessuale, sono una vera e propria roulette russa, e chi si diverte con questi giochetti deve necessariamente essere escluso dalle donazioni, in quanto fonte reale di pericolo verso il prossimo. Ma chi ha rapporti solo con un partner fisso, e assume tutte le dovute cautele per evitare contagi (monogamia, preservativi, ecc. ecc.) non può in alcun modo essere discriminato. Una coppia omosessuale stabile e fedele non è diversa da una coppia eterosessuale sposata!
Oliviero Toscani - Ra-ReIl caro TheZar mi ha poi segnalato un’altra notizia, stavolta molto positiva, che riguarda il grande Oliviero Toscani, fotografo e pubblicitario d’eccezione, famoso per le sue campagne di sensibilizzazione dell’opinione pubblica. Tutti conoscono le splendide foto che ha realizzato per le campagne pubblicitarie di Benetton, in cui si vedono foto di ragazzi e ragazze di ogni nazionalità, un bellissimo invito alla fratellanza. Qualcuno poi ricorderà anche la campagna da lui realizzata in favore dei detenuti nei bracci della morte dei carceri americani.
L’ultima idea di Oliviero Toscani è una campagna pubblicitaria, realizzata per il marchio di moda maschile Ra-Re, che ha come soggetto una coppia omosessuale in chiari atteggiamenti amorosi. Le foto, che da domani tappezzeranno le città italiane, e che nel frattempo potete ammirare in anteprima qui a lato, rappresentano due uomini, uno brizzolato e uno biondo, che scherzano con la propria sessualità o che si baciano teneramente. Sono foto indubbiamente molto belle, e la loro provocatorietà è comunque velata da un’aura di "normalità" che, a parer mio (ma il mio occhio è un po’ di parte) dovrebbe renderle accettabili a qualunque spettatore.Olivierio Toscani - Ra-Re
Diciamo che non vedo come queste immagini potrebbero offendere qualcuno, mentre mi auguro e spero che facciano riflettere sul nostro concetto di "normalità" e di "diversità".
Tornando al discorso di prima, sull’AVIS, chi si sentirebbe di negare a uno di questi ragazzi di compiere un gesto altruistico e utile come quello di donare il proprio sangue al prossimo? Chi si sentirebbe di condannarli per il loro amore? Tra l’altro, i due ragazzi della foto sono una coppia anche nella vita.