Ormai sto diventando un po’ monotono, e finisco col parlare sempre di omosessualità.
Ma questa volta mi sembra doveroso e quasi un obbligo morale rispondere a una lettera aperta di una certa dottoressa Patrizia Stella, sedicente psicopedagogista, che potete trovare a questo indirizzo. Non riporto il testo integrale della lettera perché è veramente lungo, ma vi invito caldamente a leggerla, perché è veramente paradigmatica di quale sia il pensiero di certa parte della nostra società.

Mi chiedo come possa fare una persona che si definisce Cristiana e Cattolica a scrivere una lettera del genere.
Provate a leggerla un po’ meglio: vi renderete conto che non solo si basa su concetti del tutto sbagliati, ma è completamente piena di ogni sorta di ingiurie e di insulti verso una categoria di persone – alla quale, tra l’altro, appartengo anch’io. Gli omosessuali vengono infatti messi sullo stesso piano di assassini, stupratori, pedofili… ma scherziamo? Ma sappiamo almeno vagamente di cosa stiamo parlando? Davvero pensate che una persona che sceglie consapevolmente e liberamente di passare la sua vita al fianco di un’altra, in un rapporto stabile, serio e duraturo, possa essere paragonata a un pedofilo o a un assassino? E cosa c’entra una coppia omosessuale con il "sesso di gruppo", le orge, e tutto il resto? Voi eterosessuali praticate abitualmente questo genere di attività sessuali? No? E allora perché siete convinti che un omosessuale debba farlo per forza? E chi ha il diritto di giudicare una coppia gay, dicendo che il loro è un comportamento immorale? Il Vangelo dice anche: "Chi è senza peccato scagli la prima pietra". E dice anche: "Non giudicate, e non sarete giudicati". Si fa alla svelta a citare solo ciò che fa comodo, dimenticando che l’unico vero insegnamento di quel Cristo che tanto adorate è, per sua stessa ammissione, riconducibile al comandamento dell’amore: amatevi l’un l’altro come fratelli. Che è il più grande inno al rispetto che un uomo abbia mai scritto.
Per quanto riguarda le adozioni viste dal punto di vista dei bambini, pensate che sia forse meglio per un bambino vivere in un orfanotrofio a vita? O magari per strada in qualche paese della Thailandia o del Brasile, campando di stenti e del frutto della prostituzione?
Inoltre, dei figli di genitori divorziati cosa ne facciamo? Li bruciamo sul rogo perché non hanno la possibilità di crescere con entrambi i genitori? Oppure cerchiamo di fare in modo che anche loro possano crescere normalmente con tutto l’amore che la Società può fornire loro?
Inoltre, ancora, levatevi una volta per tutte dalla testa questa vostra convinzione che un omosessuale debba per forza vedere in un bambino un oggetto di desiderio sessuale! Ma siete pazzi? Ma vi rendete conto di quello che dite?
Veniamo poi al "problema" dell’omosessualità in sè. Io non ho idea di che studi abbia compiuto la dottoressa in questione, ma sicuramente le sue tesi non sono particolarmente aggiornate. Basta consultare un QUALUNQUE libro di medicina per leggere che l’omosessualità NON E’ PIU’ CONSIDERATA UNA MALATTIA, ma semplicemente una scelta più o meno libera, più o meno condizionata, ma pur sempre degna del massimo rispetto.
Inoltre, quanto afferma la dottoressa può essere facilmente smentito da qualunque libro di etologia: il comportamento omosessuale si trova eccome, in natura, ed è stato osservato in una miriade di specie considerate biologicamente evolute. Scimmie (specialmente babbuini), leoni, gatti, persino lupi. Giorgio Celli, docente nell’Istituto di Entomologia "Guido Grandi" presso l’Università di Bologna, ha pubblicato un saggio dal titolo L’omosessualità negli animali. Non mi sembra che il suo parere conti come il due di picche quando c’è sotto bastoni, vista l’importanza del personaggio. Anche questo può essere verificato tramite una breve ricerca su Internet.
Un omosessuale, pertanto, ha tutto il diritto di considerarsi fiero di esserlo, o quantomeno di desiderare di essere lasciato in pace, dal momento che la sua NON E’ una malattia, ma una scelta. Chi non riesce ad accettarsi e vuole effettivamente cambiare ha il dovere di farlo, o quantomeno di provarci; ma chi riesce ad accettarsi benissimo, come me, si sente in dovere di difendere il proprio stato con tutte le proprie forze.
Io sono un ragazzo di ventitrè anni, di bell’aspetto, sano e robusto. Faccio regolarmente sport, faccio volontariato (tre turni alla settimana in un’assistenza volontaria), sono donatore AVIS da quando avevo diciott’anni, e la mia vita sessuale è molto più regolare e sana di quella di tanti miei coetanei: ho avuto, in tutta la mia vita, un solo partner, che mi è sempre stato fedele come io sono stato fedele a lui. La media delle persone che mi circondano, e lo sapete benissimo anche voi, è ben diversa. E tutte quelle persone sono molto più a rischio di contagio di me. E, vorrei ricordarvi, l’AIDS, l’epatite C, la sifilide, l’epatite B sono tutte malattie che si contraggono in un rapporto eterosessuale altrettanto probabilmente che in un rapporto omosessuale. Quindi, quando andate a donare all’AVIS, provate a scagliarvi contro coloro che si divertono con le prostitute, o che si passano una donna (o un uomo) al giorno, invece di prendervela con chi fa della propria vita un dono verso gli altri.
La dottoressa Stella definisce la propria lettera una serie di "verità ovvie". Io purtroppo vi leggo soltanto una serie di luoghi comuni della peggior specie, colmi di ignoranza, di arretratezza culturale, di chiusura mentale e di mancanza di rispetto verso quel prossimo che, vi ricordo, bisognerebbe amare come se stessi.